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La signora Bauhaus
Con una prosa ricca ed evocativa Jana Revedin riporta brillantemente in vita l'atmosfera degli anni Venti, raccontando, attraverso la straordinaria vita di Ise Frank, un emozionante capitolo della storia contemporanea.\r\n\r\n«Con un linguaggio pittorico, preciso e sensibile, Jana Revedin restituisce appieno l'atmosfera degli anni Venti». - Joachim Dicks, NDR Kultur\r\n\r\n«La letteratura che narra la storia del mondo: ecco che cosa è in gioco in questo romanzo». - Jörg Braunsdorf, Berliner Kurier\r\n\r\n«Con Ise Frank, Jana Revedin ha finalmente riportato alla luce una delle figure fondamentali del Bauhaus e creato, ad un tempo, un incantevole personaggio letterario». - Andreas Schäfer, DLF Kultur\r\nGermania, maggio 1923. La ventiseienne Ise Frank siede tra i banchi dell'Università tecnica di Hannover, sebbene non sia un architetto, né tantomeno una studentessa di quell'ateneo. Ise, che lavora come libraia, giornalista e critica letteraria a Monaco, si trova lí su insistenza di un'amica, Lise, per assistere all'insolita conferenza in programma quel giorno.\r\nSul palco c'è un uomo con un vestito di lana pettinata grigio scuro, un papillon di seta bordeaux e un portamento da capitano di cavalleria. Si chiama Walter Gropius ed è il fondatore del Bauhaus, una scuola di arte e architettura il cui obiettivo principale è quello di operare una conciliazione tra arti ed artigianato in un nuovo linguaggio legato alla produzione industriale, impostando nuovi canoni estetici per l'architettura e il design moderni.\r\nColpita dall'audacia con cui Gropius espone il suo innovativo progetto e affascinata dall'idea che l'architettura possa essere una missione creativa e al tempo stesso sociale e persino politica, Ise si ritrova, nei giorni successivi, a ripensare spesso a quell'uomo dal piglio ribelle e dagli occhi da volpe.\r\nGrande è, perciò, il suo stupore, quando due mesi dopo Walter Gropius si reca a Monaco per incontrarla e invitarla all'inaugurazione della prima mostra del...
Nato da nessuna donna
Ogni storia è resa grande dal proprio mistero, soprattutto quando tende al dolore. Di questo è convinto Gabriel, un giovane curato di campagna, cui viene inaspettatamente affidata un'ardua missione. Un giorno una sconosciuta si affaccia al suo confessionale, bisbigliando la storia di una donna morta in manicomio dopo aver ucciso il proprio figlio. Tra i suoi abiti sono nascosti dei quaderni che il curato dovrà prelevare durante la benedizione del corpo e portare via con sé. Per quanto confuso, Gabriel acconsente alla richiesta della sconosciuta. Il giorno della sepoltura, senza neanche aprirli, afferra i quaderni e li nasconde sotto la tonaca. Tra quelle pagine, scoprirà, è contenuta una storia che non può andare perduta e non può essere dimenticata: la storia di Rose... Rose ha quattordici anni e vive con la sua famiglia a Les Landes, una vecchia fattoria, quando suo padre, per colmare i numerosi debiti, decide di venderla a un ricco signore. Ignara, la giovane viene condotta a Les Forges, un imponente castello immerso nella foresta. Nell'antica magione vivono Charles e la sua anziana madre, una vecchia arcigna magra come un chiodo, perennemente avvolta in un lungo abito nero. La moglie di Charles, Marie, malata, trascorre le sue giornate chiusa nella propria stanza, da cui non trapela mai il minimo rumore. Rose dovrebbe occuparsi della casa e della cucina, un lavoro per cui la ragazza è ben disposta. Charles e sua madre non tardano, però, a svelare il loro vero volto: il volto di un mostro a due teste che non esita a costringere la giovane donna ad accettare il più crudele degli abbandoni.
EUR 17.10
La famiglia Piotta
La famiglia Piotta racconta le esilaranti vicende di una famiglia numerosa che abita in una casa popolare di una città del Nord Italia.\r\n\r\n"Delfina lavorava alla Pulisecco Dora Sprint il lunedì e il giovedì, ma il resto della settimana non è che stesse con le mani in mano, perché doveva accudire cinque figli e un marito, Arcibaldo Piotta, operaio stagionale in una fabbrica di dolci, la Dorian, che lei chiamava Arci e che aveva conosciuto venticinque anni prima al Circolo Belfiore poi diventato, col cambio di gestione, Circolo Ricreativo Culturale Cav. Nani"\r\n\r\n\r\nLa comicità non deriva da fatti paradossali ma dal vivere quotidiano, dalla normalità della convivenza, specie se questa avviene in un appartamento di pochi metri quadrati con tutto ciò che comporta, compreso l'uso dell'unico bagno. È un romanzo corale in cui i protagonisti sono molti ma sui quali si erge la figura di Delfina, madre di cinque figli, una popolana ignorante ma che ha sulle spalle tutta la famiglia, compreso il marito pasticcione, gaffeur e ipocondriaco, che si divide tra il Bar Mafy e il lavoro stagionale in una fabbrica di dolci. Delfina si carica sulle spalle anche il piccolo mondo di parenti e amici che ruota attorno alla propria famiglia e che con essa condivide, con qualche eccezione, la precaria condizione sociale, come l'amica Elide, una persona ingenua che crede di elevarsi dalla mediocrità mettendo le corna al marito con un avvocato sposato.\r\nTutto è verosimile in questo romanzo di Gonzato perché è un tessuto di situazioni normali rese vivaci e irresistibilmente comiche dall'imprevedibilità delle battute e dal susseguirsi vorticoso degli eventi come la gravidanza della diciassettenne Gloria, messa incinta dal fidanzato ghanese. Ed è a questo punto che entra in scena un'altra famiglia numerosa e non meno povera, quella degli Abubakar. Kamal,...
Il mulino sulla Floss
Composto tra l'autunno del 1859 e il 21 marzo dell'anno successivo, Il mulino sulla Floss venne pubblicato per la prima volta nel 1860 dall'editore William Blackwood.\r\n\r\n«Un quarto di secolo prima della Morte di Ivan Il'icˇ, George Eliot ha centrato esattamente la natura specifica, e irrinunciabile, dell'immaginazione letteraria: che è la scienza del singolo individuo, considerato come un viluppo di “circostanze” irripetibili, la cruna dell'ago attraverso cui deve passare ogni valore, ogni giudizio, ogni astrazione del mondo, deformandosi e diventando verità» - Emanuele Trevi\r\n\r\nCelebrato da Henry James come uno dei romanzi con i protagonisti giovani «most successful», più riusciti della scrittrice britannica; amato da Marcel Proust, Il mulino sulla Floss è la quarta opera firmata George Eliot, pseudonimo di Mary Ann Evans.\r\nLa prima era stata Scene di vita clericale, apparsa nel 1858, in piena epoca vittoriana, quando i rigidi codici morali del tempo non perdonavano a Mary Ann di vivere more uxorio con un uomo già sposato, il filosofo George Henry Lewes.\r\nLa scrittrice fu costretta a scegliere uno pseudonimo maschile, come quelli preferiti dalle sorelle Brontë, ma tempo dopo, quando i suoi libri ebbero uno strepitoso successo, finendo persino sul comodino della regina Vittoria, Mary Ann Evans non nascose più di essere George Eliot.\r\nIl romanzo narra la storia di Tom e Maggie Tulliver, fratello e sorella che crescono in un mulino sulle sponde della Floss - un fiume frutto dell'invenzione dell'autrice -, in una terra di confine dove, come scrive Emanuele Trevi nell'introduzione alla presente edizione, «si fronteggiano senza possibilità apparenti di compromesso forze antagoniste: da un lato le convenzioni della società in cui [Maggie] vive e gli obblighi di fedeltà alla famiglia (incarnati da Tom); dall'altro i richiami del sentimento e il diritto scandaloso a cercare la propria felicità in un mondo che...
Il problema Spinoza
Yalom illumina la vita misteriosa e controversa di Baruch Spinoza nella Amsterdam del Seicento e l'ossessione per le sue opere nella Germania antisemita del secolo scorso.\r\n\r\n«Il romanzo più affascinante che ho letto negli ultimi anni. Irvin Yalom ha creato un'opera così intensa che è impossibile metterla da parte. La consiglio vivamente» - Anthony Hopkins, attore\r\n«Un'invenzione magistrale che fa rivivere la filosofia di Spinoza attraverso la storia della Germania nazista e la figura di Alfred Rosenberg» - Abraham Verghese\r\n\r\nEstonia, 1910. Il diciassettenne Alfred Rosenberg, accusato di aver proferito violenti commenti antisemiti in classe, viene condannato dal preside Epstein a una singolare punizione: imparare a memoria alcuni passi dell'autobiografia di Goethe, il poeta che l'adolescente dichiara di venerare come emblema stesso del popolo tedesco. In particolare si tratta dei brani in cui l'autore del Faust si dichiara fervente ammiratore di Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo del diciassettesimo secolo.\r\nLa lettura insinua nella mente del giovane Rosenberg un tarlo che lo accompagnerà per il resto della vita: come può il sommo Goethe aver tratto ispirazione da un uomo di razza inferiore?\r\nAmsterdam, 1656. Bento, in ebraico Baruch, Spinoza ha ventitré anni: la sua famiglia è di origine portoghese, sfuggita all'Inquisizione e riparatasi nella più tollerante Olanda. L'aspetto del giovane Baruch è distinto e raffinato: i lineamenti aggraziati, la pelle priva di imperfezioni, gli occhi grandi, scuri e profondi. E, dietro quegli occhi, una mente che non esita a elaborare pensieri eccentrici sulla fede, e idee sul mondo così poco ortodosse da attirare il sospetto di eresia.\r\nBento di nascosto si istruisce sulla lingua e le idee di Aristotele e dei grandi filosofi greci presso l'accademia di Franciscus van den Enden, un elegante uomo di mondo, quel mondo esterno così inviso alla comunità ebraica.\r\nVan den Enden addirittura osa affidare...
Via col vento
È il 1936 e un romanzo sudista vende negli Stati Uniti un milione di copie in sei mesi. Nel 1937 vince il Premio Pulitzer e nel 1939 diventa il più grande successo nella storia del cinema americano: è «Via col vento», uno dei più eclatanti casi editoriali mondiali.\r\n\r\n«"Via col vento" ha segnato per sempre il nostro immaginario» - la Repubblica\r\n\r\n«Una storia d'amore senza tempo» - Corriere della Sera\r\n\r\n«Senza dubbio uno dei più notevoli romanzi americani. E anche uno dei migliori» - The New York Times\r\n\r\nOpera pressoché unica di Margaret Mitchell, nata ad Atlanta nel 1900 e cresciuta ascoltando i racconti dei veterani della guerra di Secessione, «Via col vento» conquista i lettori di tutto il mondo grazie a una trama avvincente caratterizzata da colpi di scena, rovesci di fortuna e da un'appassionata storia d'amore; trama che portò i critici a parlare di Grande Romanzo Americano e a osare il paragone con Tolstoj. Ma a rendere straordinarie queste pagine è soprattutto l'anticonvenzionale protagonista: Scarlett O'Hara, la viziata e volubile ereditiera della grande piantagione di Tara, la quale, contando sulle sue sole forze, dovrà cavarsela mentre l'esercito nordista avanza in Georgia. A oltre ottant'anni dalla sua pubblicazione, «Via col vento» è considerato un intramontabile classico, al punto che anche chi non ha mai avuto il piacere di approcciarsi al romanzo ricorderà, grazie all'omonima versione cinematografica, una manciata di battute ormai divenute celebri: il «non soffrirò mai più la fame» pronunciata da Scarlett stringendo un pugno di terra; il «francamente me ne infischio» sul finale, e la stizza e la speranza di «domani è un altro giorno». Con il presente volume viene riproposta l'edizione integrale in una nuova traduzione che punta non solo a ripristinare la versione originale del romanzo, ma anche a rinnovare la traduzione...
Vocabolario dei desideri
Storie, dalla A alla Z, attraversate dalla «perturbante fragilità» e, insieme, dalle «ambizioni vanagloriose» (Alessandro Piperno) dei personaggi di Nevo al cospetto della forza dirompente dell'amore e del desiderio. Storie, accompagnate tutte dalle opere di Pax Paloscia - una delle maggiori protagoniste della street art contemporanea - che traducono felicemente in immagini il dizionario dei sentimenti di uno dei protagonisti della scena letteraria internazionale.\r\nA come Amore, B come Baci, C come Confessione, D come Desiderio…\r\nSono ventisei, tante quante sono le lettere dell'alfabeto, le storie contenute in questo libro, frutto di una rubrica settimanale di grande successo tenuta da Eshkol Nevo sulle pagine di Vanity Fair. Raccolte tutte insieme, costituiscono un'opera indispensabile per i lettori dell'autore della Simmetria dei desideri e di Tre piani, un originale viaggio all'interno della costellazione dei desideri, dei sentimenti e degli impulsi da parte di uno scrittore capace di penetrare come pochi nelle pieghe più riposte dell'animo umano.\r\nC'è la F di Ferita, dove un piccolo incidente capitato in un supermercato può cambiare il significato di parole grosse come «razzismo» e «antirazzismo»; la G di Guerra, dove una Escape room diventa pretesto, per un ex pilota, di rievocare il passato; c'è la I di Italo Calvino, in cui una passeggiata per le vie di Rondovia, una città progettata perché nessuno dei suoi abitanti si trovi a incontrare per strada un amore del passato, dà la sensazione di averla già conosciuta attraverso le pagine delle Città invisibili.
EUR 17.10
Nulla è nero
Nulla è nero è un romanzo che narra la storia d'amore tra due figure iconiche del Novecento. È dunque il racconto di una tumultuosa, turbolenta passione e, insieme, di un secolo di furori, speranze, ideali e disillusioni. Un secolo in cui l'intensità della vita valeva più della vita stessa.\r\n«La scrittrice francese Claire Berest racconta il rapporto tra due grandi talenti della pittura del '900, ma anche la giovinezza di Kahlo prima dell'incontro fatale con Riviera. Facendosi guidare dai colori della sua tavolozza messicana» - Lara Crinò, Robinson\r\n«Un romanzo traboccante di colori e sensualità». - Libération\r\n\r\n«Ci immergiamo con gioia nello straordinario destino di Frida Kahlo». - TechnikartTutto è allegria, tutto è politica. Tutto abbatte i pudori e i tabù alle serate mondane di Tina Modotti. Frida l'ha conosciuta quando, liberatasi del busto ortopedico in cui, dopo l'Incidente, era racchiusa come una crisalide, ha cominciato a bazzicare la sede del PCM, il partito comunista messicano. Con il suo naso italiano, il suo petto scultoreo, il ritmo ciarliero del suo eloquio staccato, Tina ha aperto subito una breccia nel suo cuore. A una serata particolarmente festosa della fotografa italiana, dove si beve, si sbraita, si canta, e si ride più del solito, Frida vede per la prima volta Diego Rivera, el gran pintor del Messico, l'artista che, con Orozco e Siqueiros, ha portato la pittura fuori dai salotti borghesi, ha ritrovato la vocazione del colore e della smisuratezza, ha dipinto meravigliosi affreschi in cui uomini e donne si ergono, fieri, a tre metri di altezza. È un pachiderma o, meglio, una piovra dai tentacoli ammalianti, un uomo elefantesco dall'agilità contro natura, un ammasso di carne rosea che suscita, tuttavia, un sapore immediato e irresistibile di proibito. È, soprattutto, una figura irresistibile per Frida, che non esita,...
Gabriële
Gabriële Buffet ha ventisette anni quando, nel 1908, incontra Francis Picabia, giovane artista di successo dalla fama sulfurea. Valente piani sta, Gabriële ha studiato composizione a Parigi e poi a Berlino, dove ha stretto amicizia con Edgard Varèse. Nel primo decennio del Nove cento, in cui splende il talento di compositori quali Rachmaninov, Ravel, Mahler e Schönberg, è certamente un'esperienza esaltante essere una giovane musicista. L'incontro con Picabia si rivela, però, un coup de foudre tale che Gabriële non esita a lasciare il pianoforte e gli spartiti per seguire il giovane pittore. Nel 1909 i due si sposano e Gabriële Buffet diventa Gabriële Buffet Picabia. Semplice moglie e musa, dunque, del famoso artista e scrittore francese, amico di Marcel Duchamp, esponente di punta del gruppo proto-Dada Puteaux? In quest'opera composta dalle pronipoti di Gabriële Buffet, scrittrici protagoniste dell'attuale scena letteraria francese, la prima moglie di Picabia si sottrae al mero ruolo di musa in cui spesso la confinano i manuali di storia dell'arte, e si svela come una donna fieramente indipendente, un'insostituibile animatrice dell'avanguardia storica e delle sue svolte. È lei che spinge Picabia ad abbandonare la vecchia pittura post-impressionista dei suoi paesaggi normanni per le nuove forme dell'astrattismo e del surrealismo. È lei che su 391, la rivista fondata a Barcellona nel 1917, annuncia la nascita di Dada. È lei che, dopo aver incontrato Marcel Duchamp ed esserne diventata l'amante, dà vita a un sodalizio unico nella storia dell'arte, un trio che è fonte di scandalo per l'epoca, ma che unisce tre anime gemelle, tre protagonisti di quella formidabile avventura che è stata l'avanguardia artistica del secolo scorso. Anne e Claire Berest offrono ai lettori odierni un ritratto unico di questa donna affascinante dal «cervello erotico», secondo le parole di Picabia, restituendone...
Le cose da salvare
Proposto per il Premio Strega 2020 da Wanda Marasco - Finalista al Premio Wondy per la letteratura resiliente 2021\r\n\r\nRomanzo vincitore della quarta edizione del Premio Neri Pozza, Le cose da salvare tratta di un tragico evento reale come soltanto la letteratura può fare: mostrando le crepe e le ferite, e le vie di salvezza, che lascia nell'anima degli individui e nel cuore di una comunità.\r\n«Se il ponte come forma metaforica, nella possibilità di ristabilire relazioni anche dopo un disastro emotivo, punteggia il romanzo, nel finale a sorpresa il libro svela un'inattesa circolarità che giustifica anche la posizione ambigua del narratore, in prima persona quando è Petra a muoversi, in terza quando riguarda gli alti personaggi» - Alessandro Beretta, la Lettura\r\nIl Ponte è appena crollato. È venuto giú in un vortice di calce e blocchi di cemento. Affacciato alla finestra della cucina, il sessantaquattrenne Gabriele Maestrale osserva incredulo la voragine che si spalanca ai piedi del suo condominio, un edificio scheletrico con cinque balconi su cui incombe l'ombra spezzata del Ponte. Dal baratro si levano grida, deboli, incredule. Voci angosciate echeggiano nella tromba delle scale. Durante la loro corsa a precipizio, alcuni si fermano a picchiare alla sua porta: «Forza, raccolga quel che può e scenda, qui potrebbe venire giú tutto!». Gabriele, però, non riesce a muoversi, preda di un dilemma che non lo fa respirare: quali sono le cose da salvare? Gli oggetti utili, prima di tutto: il portafogli, i documenti, la giacca cerata, un paio di scarpe... Poi, forse, le fotografie, il cellulare, il libretto degli assegni, quel romanzo di Pavese appartenuto a Elisabetta, prima che se ne andasse... Che cosa salvare di una vita intera, quando tutto crolla, quando il mondo è ingombro di rovine prive di senso? Incapace di decidere...
Casa Tyneford
Dopo il grande successo dei Goldbaum, Natasha Solomons torna con una struggente storia d'amore, «un'elegia toccante e romantica» («Times»), sullo sfondo di un'Europa attraversata dalla violenza della Seconda guerra mondiale.\r\n\r\n«Un meraviglioso romanzo all'altezza dei grandi classici della letteratura inglese». - Entertainment Weekly\r\n\r\n«Un po' Downton Abbey, un po' Irène Némirovsky, con una spruzzata di Lehman Brothers». - Corriere della Sera\r\n\r\nVienna, 1938. Quando riceve la lettera che la porterà a Tyneford House, sulle coste del Dorset, la diciannovenne Elise Landau non sa nulla dell'Inghilterra. Cresciuta negli agi di una famiglia borghese ebraica - la madre, Anna, è una stella dell'Opera di Vienna; il padre, Julian, un noto scrittore - Elise, in fuga dal nazismo, si trova costretta ad abbandonare l'Austria e ad accettare un visto per lavorare come cameriera alle dipendenze di Mr Rivers. Una volta giunta a Tyneford House, una magnifica residenza signorile con il prato che digrada verso il mare e una facciata di arenaria su cui campeggia lo stemma dei Rivers, la giovane donna non può fare a meno di sentirsi sola e sperduta. Lontana dalla sua famiglia e dalla scintillante Vienna, soltanto un filo di perle donatole dalla madre e una viola di palissandro, in cui è gelosamente custodito l'ultimo romanzo di suo padre, le ricordano chi è e da dove viene. In difficoltà con una lingua che non comprende e con cui fatica a esprimersi e a disagio sia con la servitù sia con il padrone, l'affascinante vedovo Christopher Rivers, Elise tenta, giorno dopo giorno, di non abbandonarsi alla nostalgia e alla preoccupazione per i suoi familiari, bloccati in Austria in attesa del visto per fuggire in America. Finché l'arrivo a Tyneford House di Kit, il figlio di Mr Rivers, non le restituisce la speranza di una rinnovata felicità. La...
Dai principî all'anarchia. Essere e agire in Heidegger
"Una svolta nell'interpretazione del pensiero di Heidegger e, conseguentemente, di tutta la storia della metafisica occidentale" - Giorgio Agamben\r\n\r\n"Vorrei mostrare ciò che accade del vecchio problema dell'unità tra pensare e agire, una volta che "pensare" non significhi più assicurarsi un fondamento razionale sopra il quale disporre l'insieme di ciò che è conoscibile e, dall'altra parte, "agire" non significhi più conformare le proprie iniziative quotidiane, tanto pubbliche che private, al fondamento così stabilito"\r\n\r\n\r\n«La pubblicazione, nel 1982, di "Dai principi all'anarchia" (ampliato nell'edizione inglese del 1986, che qui si ripropone, nella traduzione di Gianni Carchia) ha segnato una svolta nell'interpretazione del pensiero di Heidegger e, conseguentemente, di tutta la storia della metafisica occidentale. Se si volesse compendiarne drasticamente in una formula la novità, si potrebbe dire che all'interpretazione di destra di Heidegger, come il pensatore che ha restituito all'essere la sua aura originale, e a quella democratica, che vede in lui l'iniziatore di una decostruzione infinita della tradizione, Schürmann sostituisce un'interpretazione risolutamente anarchica. Accanto e al di là dell'essere come principio della storia epocale dell'occidente sta ora un puro, astorico venire alla presenza, che non fonda né principi né epoche. All'originale, in cui ogni epoca dell'occidente ha cercato il suo fondamento, si contrappone l'originario, un'insorgenza anarchica che non ha storia né destino. Corollario di questa svolta anarchica è che quel che nel nostro tempo giunge alla sua fine non è il pensiero, ma solo la storia epocale dei principi: al di là di questa, si aprono una politica e un pensiero liberati dalla «vigilanza dei principi», in cui per gli uomini, non più "animali razionali", ma semplicemente "mortali", diventa per la prima volta possibile rispondere alla domanda "Che fare alla fine della metafisica?"». (Giorgio Agamben)
EUR 26.60
Sotto un cielo bianco. La natura del futuro
Nel 1962 la biologa Rachel Carson, considerata madre dell'ambientalismo, in Primavera silenziosa metteva in guardia il mondo contro l'uso di pesticidi, una clava contro gli esseri viventi. Oggi, sessant'anni dopo, nel bel mezzo dell'Antropocene, l'era geologica in cui la profezia dell'uomo dominatore «su tutta la terra e su ogni rettile che vi strisci sopra» si è fatta realtà, lasciare che la natura ripari sé stessa non sembra più un'opzione percorribile. Dopo La sesta estinzione che le è valso il Pulitzer, Elizabeth Kolbert riprende la parola con autorevolezza nel dibattito globale sul cambiamento climatico per analizzare da vicino alcune recenti, raffinatissime tecnologie messe in atto per invertire quella caduta verticale verso il disastro irreversibile. Partendo dunque dal presupposto che nemmeno l'immediata (e inattuabile) dismissione di secoli di progresso tecnologico ci restituirebbe ipso facto la natura, bisogna guardare con attenzione a tutti i tentativi di salvare il pianeta. Anche ai più stravaganti, anche a quelli più pericolosi. Perché, in effetti, il paradosso dell'Antropocene è la ricerca di soluzioni tecnologiche a problemi creati da chi cercava a sua volta soluzioni tecnologiche a problemi precedenti. Kolbert dunque incontra biologi che cercano di preservare il pesce più raro del mondo che vive in una minuscola pozza nel deserto del Mojave, ingegneri islandesi che trasformano l'anidride carbonica in roccia, ricercatori australiani che tentano di selezionare un supercorallo che sopravviva al mare troppo caldo e acido, genetisti che modificano specie animali per farle estinguere, fisici che progettano di sparare nella stratosfera microscopici diamanti che intercettino la luce solare, raffrescando la terra ma cambiando il colore del cielo. Sono diecimila anni che l'umanità si esercita a sfidare la natura, e se Kolbert nel libro precedente aveva esplorato i modi in cui la nostra capacità di distruzione ha rimodellato il mondo naturale,...
Piccoli piaceri
Con l'intelligenza emotiva di Maggie O'Farrell e l'arguta capacità di osservazione di Kate Atkinson, Clare Chambers evoca abilmente l'atmosfera del dopoguerra, raccontando «delle passioni più grandi e dei dolori inespressi che giacciono sepolti sotto la superficie di una vita rispettabile, e di come questi possano minacciare di far deragliare una vita, specialmente in una società che si aspetta che le donne si comportino in un certo modo» (The Guardian).\r\n«Un libro molto bello... Brillante e acuto» - David Nicholls«Meraviglioso» - Tracy ChevalierLondra, 1957. La guerra e le sue privazioni sono passate solo da un decennio e i danni delle bombe sono ancora visibili nel paesaggio londinese. Sulle pagine del North Kent Echo, un piccolo giornale locale, appare un giorno un trafiletto che parla dei progressi negli studi sulla partenogenesi: gli esperimenti compiuti su ricci di mare, rane e conigli fanno ipotizzare che la si possa applicare anche all'uomo. Probabilmente i lettori del North Kent Echo non l'avrebbero nemmeno notato, se non fosse stato per il sensazionale titolo: «I maschi non servono più per la riproduzione!». A seguito dell'articoletto, la redazione viene invasa da una valanga di lettere indignate. Tra di esse ve ne è però una alquanto singolare. A scriverla è una certa Gretchen Tilbury, residente a Sidcup, che dichiara di aver dato alla luce una bimba quando era ancora vergine. L'affermazione suonerebbe priva di qualunque fondamento, se non fosse che, nel lasso di tempo in cui asserisce di aver concepito la figlia per partenogenesi, Gretchen Tilbury era ricoverata presso la clinica St Cecilia di Broadstairs, dove ha trascorso mesi a letto, a causa di una grave forma di artrite reumatoide, dividendo la corsia con altre tre giovani donne, assistite da suore e infermiere. A fare luce sul controverso caso viene inviata Jean Swinney,...
Garibaldi, corruzione e tradimento. Così crollò il Regno delle Due Sicilie
Garibaldi, corruzione e tradimento. Così crollò il Regno delle Due Sicilie racconta, con nuovi elementi, l'impresa dei Mille che il 5 maggio di 160 anni fa partì alla conquista del Regno delle Due Sicilie. Nel maggio del 1860, il Regno delle Due Sicilie rappresentava ancora la più grande e longeva realtà statuale dell'antico regime, un regno - con la sua passata storia di Regno di Napoli e Regno di Sicilia - plurisecolare che appariva, sulla carta, come la principale potenza della Penisola. Con l'impresa dei Mille, in soli sei mesi si dissolse. Una caduta tanto rapida quanto stupefacente, le cui cause sono tuttora oggetto di indagine e interrogazione da parte degli storici. Narrando dell'impresa dei Mille come mai è stata raccontata, nel chiaro dei suoi eroismi e nello scuro di pettegolezzi, congiure di palazzo, voltafaccia improvvisi, diserzioni ben remunerate, Caruso mostra, in queste pagine, come corruzione e tradimento, insieme naturalmente alla risolutezza garibaldina, siano tra le principali cause della fine dei Borbone. Usando testi più celebrati, testimonianze quasi ignote e l'intrigante memoir di padre Giuseppe Buttà, cappellano del IX battaglione cacciatori di Francesco II, cui rimarrà fedele sino alla fine, il racconto non trascura nessuno dei capitoli e dei personaggi in gioco in quella pagina fondamentale della nostra storia. Così si apprende che nella scaramuccia di Calatafimi le camicie rosse di Garibaldi furono sempre il doppio dell'esangue battaglione borbonico spedito dal pavido generale Landi, più preoccupato di avere libera la via per Palermo che di ributtare a mare il nemico. La leggendaria incapacità del luogotenente Lanza, intessuta di vigliaccheria e rassegnazione al punto tale da consegnare Palermo a un Garibaldi sul punto di abbandonarla, si unisce alle mille indecisioni di Francesco, sopraffatto dall'opportunismo di ministri e cortigiani, spesso a libro paga di Cavour....
Il secolo dei dittatori
«È straordinario che la dittatura sia ora contagiosa, come una volta lo era la libertà». - Paul Valéry\r\n«Olivier Guez cura questa raccolta che ritrae ventisei dittatori del XX secolo e mette in guardia da un nuovo rischio di dittatura: quella delle reti». - Le Point\r\n«Se la presenza di Lenin, Stalin, Hitler, Mussolini, Franco, Mao e Castro non sorprende, siamo felici di vedere analizzati anche Tito, Joseph-Désiré Mobutu e Pinochet». - Le Monde\r\n«A partire da Pisistrato, il primo tiranno dell'antica Grecia, sono emersi nella Storia molti uomini decisi a esercitare con ferocia la propria forza personale, al di fuori di ogni controllo e di ogni legge, contro la loro stessa tribù. Abbiamo avuto dei cesari romani, tra cui Caligola e Nerone, dei despoti più o meno illuminati, dei sovrani assolutisti e dei macellai sanguinari come Qin Shihuang di, il primo unificatore della Cina in forma di impero, che seppelliva vivi i letterati, e del quale Mao si vantò di essere l'erede; o Muhammad bin Tughlaq, sultano di Delhi, che rase al suolo la sua stessa capitale perché così gli piaceva e conveniva.\r\nE tuttavia mai i dittatori sono stati tanto numerosi come nell'ultimo secolo, quasi che il progresso e la tecnica, le sue due matrici, si fossero rivoltate contro di lui. Intorno alla metà del Novecento, lo Stato moderno poggiava su un'organizzazione piramidale iperstrutturata e centralizzata di tipo burocratico, che deteneva il monopolio della violenza “legittima” e di istituzioni onerose e complesse, le telecomunicazioni, il corpo militare, l'ossatura industriale. Ogni volta che questo apparato tentacolare è finito nelle mani dei dittatori, la violenza si è scatenata con un'intensità senza precedenti.\r\nLa dittatura è una “prerogativa” tutta maschile: non si ha notizia di dittatrici. Uomini, dunque. Flemmatici o insonni, asceti o sessuomani, vulcanici o impassibili, spesso di...
Il caso Agatha Christie
Un giorno di dicembre del 1926, dopo aver comunicato alla moglie Agatha la sua intenzione di divorziare per sposare la sua amante, il colonnello Archibald Christie parte per un weekend presso amici. Quella sera stessa dalla dimora di campagna, ribattezzata Styles dal primo caso di Hercule Poirot, la scrittrice svanisce nel nulla. La sua Morris Cowley viene ritrovata alle prime luci del mattino sul bordo di un dirupo. Sul sedile posteriore, la pelliccia, una valigia piena di abiti e la patente. L'ipotesi più plausibile è un gesto disperato, la signora aveva un forte esaurimento nervoso, si sussurra. Migliaia di uomini, tra poliziotti e volontari, cani, persino aeroplani: tutta l'Inghilterra si mobilita per cercarla, come se l'angoscia che l'ha spinta a fuggire avesse fatto di lei la persona più importante della terra. Persino Nan O'Dea, l'Amante, è in ansia. Nonostante abbia tramato per insinuarsi nella lussuosa residenza dei Christie, per entrare in confidenza con Agatha, che è elegante e raffinata come lei non sarà mai. Nonostante, soprattutto, si sia impegnata a fondo per attirare l'attenzione dell'arrogante colonnello e farlo innamorare. Ora però che lui è caduto nella rete, con il suo obiettivo che può dirsi a portata di mano, Nan ha un altro disegno in mente. Agatha ha qualcos'altro che lei vuole, oltre a suo marito. Perché ciò che le è accaduto tanti anni prima, in Irlanda, le ombre scure, i gravi segreti, i colpi bassi del fato che popolano il suo passato, non possono trovare riparazione, se non in qualcosa di molto più efferato e definitivo. In questa appassionante ricostruzione possibile degli undici giorni in cui la scrittrice scomparve per il mondo, Nina de Gramont crea una trama fitta di mistero e colpi di scena, in cui nulla è come appare, nessuno dice...
Memorie di un giovane medico
La presente edizione, tradotta dal russo e curata da Serena Prina, si basa sulla scelta operata da diversi curatori delle opere di Bulgakov: offrire i racconti in un ordine che segua il «filo» cronologico degli eventi rintracciabili nei testi in modo più o meno evidente. \r\n\r\n«Uno dei grandi classici della letteratura». - The Times\r\n\r\n«Michail Afanas'evič Bulgakov, uno dei grandi scrittori del Ventesimo secolo». - A.S. Byatt\r\nNel 1963, grazie a Elena Šilovskaja, terza moglie di Bulgakov, apparve per la prima volta in Unione Sovietica, sotto il titolo Memorie di un giovane medico, una raccolta di racconti che l'autore del Maestro e Margherita, scomparso nel 1940, non aveva fatto in tempo a raccogliere in un ciclo. Bulgakov era uno scrittore completamente dimenticato allora, ridotto al silenzio da Stalin sin dal 1930. Un trafiletto elogiativo della raccolta, pubblicato sulla rivista «Novyj Mir» (Il mondo nuovo) mutò, tuttavia, totalmente la considerazione del suo ruolo e della sua figura nelle lettere russe. Da quel momento ebbe inizio un lento ma inesorabile recupero dell'opera dello scrittore, che lo portò a diventare uno degli autori più amati del Novecento, tanto in patria quanto in Occidente. I racconti, che hanno per protagonista un giovane medico che si ritrova a dover esercitare la sua professione nella più sperduta delle campagne russe, si basano su una reale esperienza vissuta. Nel settembre del 1916, fresco laureato in medicina, Bulgakov fu spedito a Nikol'skoe e poi a Vjaz'ma, a lavorare nei piccoli ospedali locali. Per trovare sollievo a una reazione allergica provocata da un vaccino antidifterico, cominciò a far uso di morfina. Una drammatica esperienza, che costituisce il contenuto di uno dei racconti offerti in questa edizione, Morfina, che, insieme con Io ho ucciso, rimanda ai temi propri di Guardia bianca, uno dei grandi romanzi...
L' ultima fuggitiva
È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull'Adventurer, un grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol per l'America. L'aria smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata, nell'istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset. Troppo grande è il mare e troppo lontano è Faithwell, il villaggio dell'Ohio in cui Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla in sposa. L'irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l'intento di lasciarsi alle spalle l'angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all'altrui compassione l'ha spinta a seguire la sorella al di là del mare. Una volta giunte in Ohio, tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le misere mura di un albergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall'amato Dorset. Non le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell, tuttavia, viene accolta con freddezza dall'uomo e dalla cognata vedova.
EUR 11.88
La dama e l'unicorno
È un giorno della Quaresima del 1490 a Parigi, un giorno davvero particolare per Nicolas des Innocents, pittore di insegne e miniaturista conosciuto a corte per la sua mano ferma nel dipingere volti grandi come un'unghia, e al Coq d'Or e nelle altre taverne al di qua della Senna per la sua mano lesta con le servette di bell'aspetto. Jean Le Viste, il signore dagli occhi come lame di coltello, il gentiluomo le cui insegne sono ovunque tra i campi e gli acquitrini di Saint-Germain-des-Prés, proprio come lo sterco dei cavalli, l'ha invitato nella Grande Salle della sua casa al di là della Senna e in quella sala disadorna, nonostante il soffitto a cassettoni finemente intagliato, gli ha commissionato non stemmi imponenti o vetrate colorate o miniature delicate ma arazzi per coprire tutte le pareti. Arazzi immensi che raffigurino la battaglia di Nancy, con cavalli intrecciati a braccia e gambe umane, picche, spade, scudi e sangue a profusione. Una commissione da parte di Jean Le Viste significa cibo sulla tavola per settimane e notti di bagordi al Coq d'Or, e Nicolas, che può resistere a tutto fuorché alle delizie della vita, non ha esitato un istante ad accettare. Non ha esitato, però, nemmeno ad annuire davanti alla proposta di Geneviève de Nanterre, moglie di Jean Le Viste e signora di quella casa.
EUR 11.88